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lo zafferano nella storia /
La "memoria botanica e rurale" del mediterraneo

 

Lo zafferano è una spezia antichissima e la sua coltivazione oggi è anche un tentativo di custodire la "memoria botanica e rurale" delle nostre terre.

Le prime tracce di zafferano si sono rinvenute in Medio Oriente, terra in cui si colloca la sua origine.

I Sumeri lo usavano già, tuttavia senza coltivarlo, ma raccogliendolo tra le specie selvatiche e utilizzandolo sopratutto per scopi curativi o per pozioni magiche. 
La prima indicazione del fatto che le popolazioni del Mediterraneo Orientale stessero già coltivando lo zafferano nel 2300 a.C. è il cenno fàttone dal re Sargon di Accadia, un grande sovrano dell'impero accadico, che proveniva da Azupiranu, città cui i testi di storia antica fanno riferimento col nome di Città dello Zafferano.
Per giustificare una tale denominazione, è evidente che questa pittoresca città coltivava il croco su vasta scala o che, a quei tempi, la coltivazione di questa spezia era concentrata in quell'area. 


Ci sono solo deboli indizi sulla sua coltivazione, ma pare che nell'antica Persia lo zafferano cominciò ad essere coltivato sistematicamente e si trovano tracce del suo utilizzo negli intrecci dei tappeti; veniva poi usato nei riti di culto agli dei, sciolto nel tè caldo come rimedio alla malinconia.

La coltivazione raggiunse le zone dell’attuale Turchia, dove ancora oggi, a nord, nella città di Safranbolu si festeggia un festival dedicato alla sua coltura, e della Grecia.
 

Pitture murali risalenti al 1600 a.C. trovate a Cnosso, Grecia, e un'altra del 1500 a.C. scoperta a Santorini, Grecia, ritraevano rispettivamente l'intero processo di raccolta dello zafferano con relativa offerta finale nel corso di una cerimonia rituale, e giovani fanciulle e scimmie nell'atto di staccare i filamenti di zafferano.
A Tebe, Egitto, un papiro medico anch'esso datato 1600 a.C., scoperto in una tomba, alludeva alle funzioni medicinali dello zafferano.

Queste pitture e documenti sono prove concrete che la cultura dello zafferano era diffusa anche nei tempi più remoti. In effetti, le analisi condotte al giorno d'oggi sulle suddette pitture hanno stabilito con certezza che queste enfatizzavano davvero le proprietà curative del croco rispetto a quelle di qualsiasi altra pianta. 

A quei tempi, lo zafferano era un lusso riservato alla nobiltà. Re, regine, faraoni e religiosi si mettevano profumi allo zafferano, indossavano lunghi abiti color zafferano, mangiavano cibi e correggevano bevande con questa spezia, si immergevano in vasche colme d'acqua e zafferano per curare le ferite o come preludio a un incontro amoroso, dormivano comodamente in letti cosparsi di pistilli di zafferano e pregavano i loro dei portando loro in offerta la preziosa spezia. 


La letteratura mondiale riferisce della grande considerazione che gli antichi nutrivano nei confronti dello zafferano.
La mitologia greca ci racconta che lo zafferano naque dall’amore tra un giovane bellissimo di nome Krocos e una ninfa di nome Smilace. Purtroppo la ninfa era la favorita del Dio Ermes che per invidia trasformò il giovane Crocus in un bulbo, dal bellissimo fiore.
Il croco è il krakom cui si fa riferimento nella Bibbia, nel Cantico dei cantici di Salomone. È il krokus di cui si parla negli scritti di parecchi autori greci, come Ippocrate, Sofocle e Omero. Anche Ovidio, Virgilio e altri poeti romani fecero dello zafferano un soggetto poetico. Il famoso poeta iraniano Ferdowi faceva cenno nelle sue poesie all'uso dello zafferano nelle celebrazioni dei trionfi. Il poeta del Kasmir Mohammed Yysuf Teng ha rilevato che, in passato, la coltivazione dello zafferano era stata a lungo menzionata nelle epiche del tantrismo indù. 
 
il commercio e la diffusione dall'oriente all'occidente

Dal momento che era tenuto in così grande considerazione, il commercio dello zafferano diventò davvero redditizio, facendo incassare grandi quantità di oro. I vecchi commercianti di zafferano erano conosciuti come 'mercanti di zafferano'. Egiziani, Romani, Arabi, Europei e Asiatici si dedicarono a questo commercio, e così sappiamo come lo zafferano poté diffondersi ampiamente in quei periodi: con il commercio e il contrabbando. 
Nel periodo classico greco-romano (VIII° sec a.c. al III° sec. D.c.) raggiunse il suo periodo più fiorente.
Con la caduta del'Impero Romano, la sua diffusione subisce una notevole battuta di arresto.
Da quel momento, per molti secoli, la sua coltura diventa rarissima ed, in alcune aree, inesistente.
Un’inversione di tendenza avvenne quando i Mori si spinsero dal nord Africa sulle coste della Spagna, Francia e sud Italia.
Secondo una teoria i Mori reintrodussero per la prima volta lo zafferano in Europa nella regione di Poitiers dopo aver perso la battaglia di Tours con Carlo Martello nel 732 d.C..
Due secoli dopo conquistarono la Spagna e la coltura dello zafferano si diffuse nelle province del sud: Andalusia, Castiglia, La Mancha e Valencia.


Nel 14° secolo, durante l'epidemia della Morte nera (Peste bubbonica) in Europa, lo zafferano giocò un ruolo significativo nella storia del commercio.
L'urgenza di procurarsi questo ingrediente per le cure mediche determinò l'inizio delle importazioni dall'estero e gli inevitabili atti di pirateria per il possesso dei carichi. Un tentativo del genere andò in fumo quando un carico di zafferano in viaggio per Basilea fu intercettato da un barone, e solo una battaglia della durata di tre mesi consentì il recupero del carico.
Oggi la storia ricorda l'episodio come la Guerra dello Zafferano, che, come effetto positivo, ebbe quello di determinare l'affermazione di Basilea come centro e punto di partenza per la coltivazione del croco in Europa. 

La città fu al centro di un ricchissimo mercato e i fiori ed i bulbi venivano protetti contro le azioni dei pirati fino a quando, in seguito ad una serie di raccolti andati male, dopo una decina di anni la coltivazione venne abbandonata.
Il fulcro del mercato centro europeo divenne allora Norimberga, mentre i mercanti veneziani conservavano la loro posizione dominante nel Mediterraneo.
Questi mercati erano alimentati da diverse varietà provenienti da Austria, Creta, Francia, Grecia, dall’Impero Ottomano, Sicilia e Spagna.
Iniziarono a circolare partite di zafferano adulterate con miele, petali di fiore e stimmi tenuti in cantine umide per aumentarne il peso, così le autorità di Norimberga si convinsero a divulgare un codice di regolamentazione, sia per assicurare l'equità dei prezzi di mercato sia la purezza del contenuto di ogni pacco di spezia.
Fu emanato il codice Safranschou e la frode fu dichiarata punibile con sanzioni, imprigionamento e morte sul rogo. 
Con il tempo le colture di zafferano vennero abbandonate dando spazio a nuove e più interessanti coltivazioni agricole.

In Italia, in particolare, 
la preziosa spezia era stata reintrodotta dalla Spagna per mano del monaco domenicano di nome Santucci, nativo della cittadina abruzzese di Navelli.
A Toledo, attorno al 1230, si svolgeva il sinodo che avrebbe istituito la santa inquisizione; a quell’epoca faceva parte del tribunale anche il Santucci, grande appassionato di leggi canoniche e di gastronomia. Santucci si innamorò della piccola pianta dello zafferano e la portò con sé a Navelli, pensando che potesse adattarsi bene al clima della sua terra. Infatti lo zafferano trovò in Abruzzo un habitat molto favorevole, e in breve la coltura si estese nei dintorni dell’Aquila, dove venne avviato un proficuo commercio con grandi città mercantili come Venezia, Milano, Francoforte, Norimberga, Vienna e Marsiglia.
Con l’arrivo dei Borboni la coltivazione si estese fino a raggiungere i 450 ettari, mentre dopo l’unità d’Italia iniziò un periodo di lento declino, che si interruppe solo nei primi anni settanta del XX secolo.
Oggi i grossi centri di produzione dello zafferano italiano sono Sardegna, Abruzzo, Toscana, Umbria.

Lo zafferano fece il suo ingresso anche in America, quando migliaia di alsaziani, tedeschi, svizzeri fuggirono dalle persecuzioni religiose in Europa.
Molti di loro si stabilizzarono in Pennsylvania nella valle del fiume Susquehanna; vennero presto chiamati i tedeschi della Pennsylvania e iniziarono a coltivare lo zafferano dal 1730 quando furono introdotti in America dei bulbi nascosti all’interno di un tronco da alcuni aderenti alla Chiesa di Schwenkfelder.
Questi ultimi erano grandi amanti dello zafferano sin da quando erano in Germania. Presto il loro zafferano riscosse successo, all’inizio tra i colonialisti spagnoli dei Caraibi, successivamente venne quotato nel mercato di Philadelphia allo stesso valore dell’oro. Le coltivazioni di zafferano sono presenti ancora oggi e sono concentrate nella contea di Lancaster in Pennsylvania.

Attualmente i maggiori produttori di zafferano, sono l'Iran e l'India, seguiti dalla Cina e poi dai paesi mediterranei europei come Grecia, Italia e Spagna, dove senza dubbio si raggiungono livelli qualitativi maggiori dovuti a bontà del clima e dei terreni.

Alcuni progetti di cooperazione europei stanno anche tentando di reintrodurlo in Afghanistan, dove si propone la coltura dello zafferano come alternativa alla coltivazione dell’oppio.

 
 
Etimologia
 
E' difficile risalire al nome originario della spezia ma possiamo rintracciarne la storia fino all'esistenza della parola persiana zarparān (che significa ' che ha stigmi d'oro'), da cui si credeva fosse derivata la parola araba za'farān, invece dell'aggettivo arabo asfar (che significa 'giallo'); è anche molto simile alla parola persiana za'ferân , che diede origine alla parola francese safran, da cui derivò la parola latina safranum. Infine, la parola inglese saffron viene dal latino safranum, da cui ebbe origine la parola spagnola azafrán e la parola italiana zafferano (entrambe indicanti la spezia). Gli altri termini per 'zafferano' in varie lingue sono: azupiranu (accadico), azafrán (galiziano), azafrai (basco), saffran (tedesco), szafran (polacco), shafran (russo), kesar o zafran (India), hong hua (Cina), zaferen (turco), saframi (finlandese), sáfrány (ungherese), safrána (lettone), safranu (rumeno), safárum (malese), khekhrum (armeno), kurkum (farsi) e safrà (catalano). La somiglianza tra questi termini attesta il viaggio globale che la famosa spezia ha compiuto nel tempo e nello spazio.
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